dove va l’acqua di Monte Lago?
L’altopiano di Monte Lago, diviso in piano superiore e un piano inferiore, è un bacino endoreico di origine tettonica con processi di carsismo attivo. Esso si sviluppa sul fianco ovest della dorsale monte Igno – monte Primo, nell’alto bacino del fiume Potenza, tra Pioraco e Sefro. Endoreico significa che le acque delle precipitazioni meteoriche non alimentano un reticolo idrografico superficiale, ma rimangono intrappolate all’interno dei bacini di raccolta senza immettersi in alcun fiume e quindi non raggiungono il mare (da cui il termine endoreico: scorre all’interno). In genere esse dopo aver ristagnato a formare un lago o una palude, si disperdono per evaporazione o per assorbimento del terreno. A Monte Lago però, l’acqua ristagna raramente nel piano inferiore. Solo in alcuni periodi, ad esempio in occasione di precipitazioni prolungate o scioglimenti di nevi abbondanti si forma un vero e proprio bacino lacustre. Esso poi, più o meno velocemente, si svuota. Normalmente, infatti, l’acqua dal bacino superiore defluisce in quello inferiore per poi scomparire nel sottosuolo grazie ad un sistema di inghiottitoi, esistenti sul suo margine occidentale, ai piedi del M. Cimara e del M. Castellaro. L’altopiano di Monte Lago, infatti è solo apparentemente un bacino completamente endoreico, perché le sue acque vanno per vie sotterranee ad alimentare le sorgenti del fiume Potenza e, in minor grado, quelle del fiume Chienti.
L’inghiottitoio maggiore (quota 888 m) è quello meno attivo, perché parzialmente colmato sul fondo da sedimenti poco permeabili; esso da origine ad uno stagno grande e profondo, favorevole allo sviluppo di numerose specie di piante tipiche degli ecosistemi umidi tra i quali il ranuncolo d’acqua (Ranunculus aquatilis L.) che galleggia sulla superficie dello specchio d’acqua e alcune specie di giunco. Lo stagno rappresenta un interessante ecosistema acquatico, ricco di fauna, tra cui anfibi (rane, raganelle, tritoni), insetti ecc. In estate in genere si prosciuga. Nel piano inferiore la zona umida e palustre è circondata da prati più asciutti che in primavera ospitano intense fioriture in cui prevale il giallo del ranuncolo vellutino.
L’inghiottitoio attivo e la risorgente di San Giovanni
Dall’inghiottitoio del monte Cimara si diparte un canale che attraversa il piano inferiore, con direzione S, e riversa l’acqua nell’altro inghiottitoio, molto più attivo, posto i piedi del monte Castellaro, dove scompare nel sottosuolo grazie all’affiorare di strati a giacitura quasi verticale della formazione calcarea “maiolica”.
I due inghiottitoi si trovano allineati lungo una lineazione di faglia aperta nei calcari dell’anticlinale di Monte Lago. Tale discontinuità guida e facilita il deflusso sotterraneo delle acque verso la sottostante valle di San Giovanni, sul versante settentrionale del monte Cimara, affluente nel torrente Scarzito, a monte di Sefro. Qui riaffiorano a giorno gran parte delle acque raccolte nell’altopiano (oltre alla più cospicua sorgente di San Giovanni, posta più a valle, quasi alla confluenza con il torrente Sacrzito, le cui acque sono alimentate da un’acquifero più profondo del Calcare Massiccio) e rappresentano il più importante contributo sorgentizio al deflusso del torrente Scarzito, affluente di destra del fiume Potenza nel quale si getta a Pioraco.
Alcune considerazioni ambientali
Negli anni passati più volte si sono fatte proposte per bonificare e captare le acque di Monte Lago, immaginando che la risorsa acqua sia l’unico valore esistente, di cui appropriarsi per le esigenze idropotabili delle città della costa. In realtà la trasformazione e alterazione di tale ambiente, uno dei pochissimi ambienti umidi marchigiani ancora sostanzialmente integro, andrebbe ad incidere sul delicato equilibrio di un complesso ecosistema montano, con conseguenze non facilmente verificabili. inoltre si andrebbe ad incidere pericolosamente sul sistema idrogeologico superficiale e profondo di un settore fondamentale del fiume Potenza e sul suo regime idrologico, dal quale dipende sia la disponibilità di acque per uso umano, che industriale ed agricolo della montagna maceratese.