Il suolo e l’acqua

Distruggere il suolo fertile e subire i danni delle alluvioni

I catastrofici eventi meteorologici che hanno colpito l’Italia, con crescente frequenza nell’ultimo anno, hanno chiaramente evidenziato non solo quali siano gli impatti sul territorio dovuti al cambiamento climatico in atto, ma anche la grave fragilità dello stesso. La causa prima, però, più che nella meteorologia va cercata nell’intensa e selvaggia urbanizzazione diffusa. La densa e crescente urbanizzazione dei fondovalle, a ridosso degli argini fluviali, e delle coste ha indotto l’irrigidimento della rete fluviale, la modificazione degli alvei stessi dei fiumi, delle foci e di gran parte del sistema idrografico pedeappenninico fino al mare.

Nella gestione dei fiumi e dei torrenti e nel tentativo di contrastare il rischio idrogeologico, l’errore tecnico e scientifico più persistente, è quello di considerare il fiume come un canale di evacuazione di una certa massa di acqua e di trattarlo quindi con approcci ingegneristici, consistenti nella rettificazione degli alvei, nel loro approfondimento per esportazione dei materiali inerti di accumulo, nella eradicazione della vegetazione e nella costruzione in opere rigide di arginatura, imbrigliatura ecc. Un fiume in realtà è un sistema complesso, i cui componenti macroscopici sono l’assetto geologico e morfologico della rete idrografica, le precipitazioni e il loro regime ( e quindi il clima e la meteorologia), la dinamica della foce ( moto ondoso, correnti marine ecc.), la risposta della superficie del bacino idrografico alle precipitazioni. Tutti elementi fortemente compromessi dall’azione antropica degli ultimi decenni.

Tentare di governare la dinamica fluviale concentrandosi solo su uno degli aspetti, quello che appare semplicisticamente il più significativo, cioè cercare di fare in modo che l’acqua trasportata dal fiume in un certo momento possa arrivare più velocemente possibile al mare, è l’errore più grave e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Gli ultimi eventi dovrebbero aver chiarito che l’approccio esclusivamente ingegneristico ed idraulico è stato fallimentare. Purtroppo, contrariamente ad ogni logica si vuole curare il malato con le stesse metodiche che hanno accentuato il male; assisteremo sicuramente ad un aggravarsi delle conseguenze nei prossimi eventi.

L’indispensabile ruolo della vegetazione ripariale

L’approccio idraulico ingegneristico ha portato negli ultimi anni a scelte incongruenti e disastrose, come con l’abbattimento della vegetazione ripariale lungo i corsi d’acqua che invece costituisce un elemento di contrasto degli effetti alluvionali tra i più efficaci, con l’escavazione degli alvei e l’asportazione del materiale ghiaioso, accentuando il processo erosivo, con la costruzione di barriere di contenimento che fanno aumentare l’energia del fiume spostando il problema più a valle.

Fiume Potenza, opere di abbattimento degli alberi di sponda
L’abbattimento delle alberature ripariali anche di notevoli dimensioni, in perfetto equilibrio da decenni con le dinamiche del fiume, hanno come effetto solo l’intensa erosione degli argini e delle aree agricole ai lati del fiume

Il sistema fiume reagisce ad ogni variazione ambientale o antropica cercando un nuovo assetto di equilibrio, essenzialmente governato dalla quantità di energia messa in campo dall’acqua che vi scorre (portata). Se l’energia è elevata (portate elevate) il fiume la dissipa allungando il suo corso che diventa più sinuoso. Così facendo erode le sponde e caricandosi di detrito la sua energia diminuisce. Il fiume quindi deposita i detriti (carico solido) dividendoli per granulometrie lungo il suo corso e li trasporta così progressivamente verso la foce. Questo meccanismo è fondamentale per permettere il continuo ripascimento delle spiagge che altrimenti vengono erose dal moto ondoso e dalle correnti marine. Se le ghiaie e le sabbie del letto fluviale vengo asportate o mobilitate artificialmente, oppure intrappolate a monte da opere di sbarramento ( briglie, dighe ecc.) l’energia disponibile aumenta e porta il fiume ad erodere il fondo del letto, diventando più profondo; questa è la principale causa della distruzione e del crollo delle opere come i ponti stradali per erosione delle opere fondali. Quando le portate idriche superano la capacità di contenimento del letto in cui scorre il fiume, questo esonda lateralmente e poi le acque, ritirandosi, lasciano depositi di ghiaie, sabbie e argille che accumulandosi hanno formato le nostre pianure alluvionali di fondovalle. Se il fiume è costretto tra argini, la sua energia aumenta ed esonderà distruttivamente più a valle. É quello che è avvenuto ad esempio a Senigallia.

La vegetazione ha un ruolo fondamentale nella dinamica fluviale perché rallenta il flusso idrico grazie all’attrito che produce, intrappola i sedimenti e rende più stabili le sponde del letto di magra. Inoltre se lasciata evolvere indisturbata assume, come tutti gli ecosistemi, un profilo di equilibrio che la mantiene stabile nel tempo; se invece la si distrugge periodicamente, si facilita l’espandersi di poche specie pioniere a discapito delle associazioni vegetali più stabili, meno efficienti nel mantenere l’equilibrio con la dinamica fluviale e più capaci di invadere il letto fluviale.

Il mantello vegetale, se ben strutturato, regima efficacemente le piene perché durante i temporali rallenta l’afflusso delle acque di ruscellamento verso i corsi d’acqua aumentando, così, i tempi di corrivazione e laminando le piene. Ovvero la quantità d’acqua che passa in una certa sezione del fiume sarà minore perché a parità di precipitazione impiegherà maggior tempo per scorrere verso valle. Un ulteriore contributo della vegetazione durante le piene è quello di facilitare l’infiltrazione dell’acqua nelle falde sotterrane riducendo la portata che affluisce al Fiume ed inoltre una certa quota viene, anche se più lentamente, dissipata per evapotraspirazione. Non è un fatto secondario che il mantello vegetale favorendo l’infiltrazione efficace contribuisca al rimpinguamento delle falde contrastando l’altro grave problema che è la carenza idrica estivo autunnale.

La distruzione del suolo

Il suolo oltre ad avere una diretta e fondamentale influenza sulla capacità della vegetazione di vivere e crescere, è capace di assorbire grandi quantità d’acqua e di cederle lentamente nel tempo sia alle falde (infiltrazione efficace) che alle colture agricole e alla vegetazione naturale. L’impermeabilizzazione del suolo, a causa dei processi di urbanizzazione diffusa, è il principale fattore che ha contribuito ai dissesti idrogeologici e meteorologici che ben conosciamo. Durante le precipitazioni cemento e asfalto delle città e delle infrastrutture di comunicazione inviano grandi quantità d’acqua rapidamente verso i corsi d’acqua, l’infiltrazione è azzerata e i tempi di corrivazione sono brevissimi. Ad accentuare il fenomeno contribuisce anche l’agricoltura industrializzata caratterizzata oggi da ampie superfici prive di vegetazione, spesso compattate dalle lavorazioni meccaniche che facilitano l’aumento del ruscellamento e la conseguente erosione dei suoli con aumento del carico solido delle acque di scorrimento superficiale.

Nel sito ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (https://www.isprambiente.gov.it/it) si può accedere ad uno strumento fondamentale per comprendere lo stato dell’ambiente italiano: l’ECOATLANTE (https://ecoatlante.isprambiente.it) in cui vengono esposti su base geografica i fondamentali indicatori di sviluppo sostenibile, come l’andamento negli anni del consumo di suolo per urbanizzazione.

Carta dell’uso del suolo che mette in evidenza l’aumento significativo delle superfici impermeabilizzate per urbanizzazione e il loro concentrarsi lungo la costa e lungo le aste fluviali.

Questa carta della copertura del suolo, generata con l’Ecoatlante dell’ISPRA illustra, per una porzione delle Marche, quale sia stata la rapida diffusione delle aree urbanizzate (in rosso) nel periodo 2018-2022. Si vede molto bene che esse si sono diffuse lungo la costa e lungo le aste fluviali, perché lungo le coste e nei fondovalle alluvionali corrono le principali infrastrutture viarie che fungono da potenti attrattori per le attività economiche e conseguentemente anche per le abitazioni civili. Questo comporta che le aree laterali ai fiumi, dove le piene dovrebbero poter esondare, espandendosi su superfici naturali o agricole, sono state completamente occupate dal costruito che ha costretto i nostri fiumi all’interno di canali che corrono rettilineamente verso il mare. La carta mette bene in evidenza che le aste fluviali adiacenti, formano dei veri e propri imbuti che convogliano velocemente le acque che precipitano nel loro bacino idrografico (collinare) in pochi punti costieri, anch’essi purtroppo completamente sbarrati dalle aree urbane. Il sistema idrografico regionale è diventato irrimediabilmente così rigido che reagisce con esondazioni distruttive ad ogni evento meteorologico appena più intenso dell’usuale, come abbiamo diverse volte sperimentato.

Non solo non ci sono soluzioni facili al problema che è stato da noi creato, a partire almeno dagli anni ’60 ad oggi, ma purtroppo le scelte di gestione del territorio che vengono perseguite seguitano ad essere ancora quelle del passato, dimostratesi fallimentari, della crescita ad ogni costo. Malgrado molti declamino pubblicamente la necessità di perseguire scelte di sviluppo sostenibile, gli interventi di politica economica finanziati sono tutti prevalentemente orientati alla realizzazione di nuove infrastrutture stradali e autostradali, di espansione degli insediamenti produttivi che invadono ulteriori superfici agrarie aggravando gli effetti dell’urbanizzazione a macchia d’olio. Molti cittadini sembrano ancora convinti che tali interventi siano segno di modernizzazione del nostro territorio e plaudono ogni volta che un politico annuncia la costruzione di un nuovo svincolo autostradale, di una nuova strada di scorrimento veloce, di un nuovo Hub commerciale e via di seguito. A pochi appare chiaro quanto gli enormi costi degli impatti sull’ambiente di tali scelte siano ormai di molto superiore ai profitti e ai vantaggi che si immagina di ottenere. Tali costi stanno già erodendo significativamente la qualità della vita della popolazione attuale e graveranno sempre più intensamente sulle prossime generazioni.

Andrea Antinori