Il Potenza, un fiume da salvare
Il prossimo 22 marzo è la giornata mondiale dell’acqua ( World Water Day istituita dalle Nazioni Unite nel 1992) quest’anno invita a riflettere ed operare sul fondamentale ”legame tra acqua e cambiamenti climatici”. (https://sdgs.un.org/conferences/water2023/programme)
L’acqua e la sua corretta gestione è il problema più grande e urgente
Nell’indire “La conferenza mondiale dell’acqua 2023” l’ONU dichiara che ”L’alterazione dell’intero ciclo dell’acqua sta minando i progressi su tutte le principali questioni globali, dalla salute alla fame, dall’uguaglianza di genere al lavoro, dall’istruzione all’industria, dai disastri alla pace. Benchè nel 2015, tutti i paesi del mondo si erano impegnati a raggiungere l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile (SDG) 6 come parte dell’Agenda 2030, dichiarando che tutti avrebbero gestito l’acqua e i servizi igienico-sanitari in sicurezza entro il 2030, in realtà oggi si è molto lontani dal raggiungere tale obiettivo. É urgente accelerare il cambiamento, andando oltre il “business as usual“.
Quest’ultima asserzione costituisce oggi il vero cuore della questione ambientale. La stragrande maggioranza dei decisori, politici ed economici italiani (imprese ecc), mentre a parole dichiarano, enfaticamente, di voler agire per la salvaguardia dell’ambiente e per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, nei fatti le loro scelte sono orientate esclusivamente ad ottenere il massimo incremento del profitto (per altro lucrato da pochi gruppi di interesse, mentre la maggior parte della popolazione è spesso chiamata a sopportare i costi dei danni ambientali).
“Business as usual”, come ricorda-inutilmente- l’ONU .
Le proposte degli amministratori e dei politici sono in gran parte ad alto impatto ambientale, consumo del territorio e orientate al solo lucro economico
É da tempo, ormai, che ogni persona che assurge ad un qualche ruolo politico, sia convinto che per dimostrare di svolgere bene il proprio mandato debba riuscire a finanziare progetti di grandi opere. Le preferite, però, sono tutte quelle a grande impatto ambientale e paesaggistico. Quelle che più di tutte consumano suolo, alterano risorse come l’acqua, il paesaggio, i boschi e via di seguito. Anche nella nostra regione, ignorando volutamente che essa è ai primi posti per consumo di suolo, è tutto un profluvio di nuovi progetti per strade, rotatorie, svincoli e ponti, centri commerciali, parcheggi e via di seguito. Viene continuamente riproposto tutto ciò che dal dopoguerra ad oggi ha reso l’Italia un paese ambientalmente fragile, fortemente indebitato, sempre sull’orlo della recessione. La speculazione fondiaria, per cui le terre si valorizzano solo se urbanizzate, è il nuovo volto dell’economia latifondistica il cui lucro viene dalla rendita. Per questi signori il terreno agricolo non ha alcun valore se non quello di essere una superficie in attesa di essere “valorizzata” urbanizzandola.
É iniziato l’assalto alle ultime risorse, acqua e suolo, della valle del fiume Potenza
Tra i tanti esempi che si potrebbero fare, uno molto recente riguarda la valle del Fiume Potenza, che mi è molto cara perchè, per me nato a Villa Potenza, il fiume è stato sempre il luogo dell’anima. I problemi ambientali e di qualità della vita degli abitanti di questa vallata sono sempre stati numerosi e sempre, o quasi, negletti dalla politica locale. In questi ultimi anni, però, nei confronti del fiume Potenza si sono risvegliati numerosi nuovi appetiti. Qualcuno si è accorto che a differenza del vicino fiume Chienti (restando in provincia di Macerata) che è stato nei decenni massacrato da sbarramenti e invasi idroelettrici, estrazione massiccia delle ghiaie con estesa alterazione della falda, inquinamento profondo con solventi clorurati ( aree della calzatura tra Montecosaro e la costa), urbanizzazione selvaggia del fondovalle (specialmente per la proliferazione delle aree commerciali), realizzazione della superstrada a ridosso della sponda fluviale, la valle del fiume Potenza risulta, stranamente, ancora abbastanza integra e con un diffuso carattere di ruralità. Così qualche anno fa, qualcuno provò ad appropriarsi delle sue acque fluviali, riesumando un vecchio progetto di diga a Fiuminata ( progetto sempre in agguato) con lo scopo di deviarle per rimpinguare quelle ormai esauste del Chienti e del Musone. In questi giorni, invece, è diventata imperante, sulla stampa e nei tavoli politici, la realizzazione di una nuova superstrada lungo la valle del Potenza, a partire dal futuro (in progetto) nuovo svincolo autostradale costiero fino alla nuova pedemontana, già in costruzione.
Un convegno a inizio anno, promosso da diverse associazioni imprenditoriali di categoria, è stato enfaticamente intitolato ” Val Potenza, il futuro in una strada”. Ora lasciando da parte l’evidenza dei fatti, che nella nostra regione il benessere sociale ed economico è andato nel tempo decrescendo, mentre paradossalmente aumentavano i chilometri di strade, autostrade e superstrade realizzate, la preoccupazione maggiore per questo progetto di nuova superstrada sta nell’aver dichiarato che, per risparmiare sui costi, la si costruirà a ridosso della sponda fluviale ed utilizzando le ghiaie del fiume.
Siccome tutto questo sarà apparso paradossale agli stessi proponenti, lo si è “ammantato di verde” asserendo che questo comporterà una “rinnovata sinergia tra realizzazione dell’infrastruttura e miglioramento dell’alveo fluviale”.
Distruggere il fiume dichiarando di salvarlo è la nuova arte della bugia funzionale
In che modo un alveo fluviale si può migliorare? Il fiume è un ecosistema che pulsa di relazioni e in grado di autoregolarsi. In queste affermazioni, però, emerge l’obsoleta e perniciosa vecchia idea “tecnicista” che un fiume non sia altro che un canale d’acqua, da gestire con tecniche ingegneristiche, in modo da sfruttarlo per l’acqua e per impedire che faccia danni. Che quindi non solo si possa, ma si debba manipolarlo, modificarlo a piacere per esclusivi fini ed utilità economiche. Discendono da queste premesse alcuni luoghi comuni che appaiono sensati, ai più, ma denotano solo una superficiale e totale mancanza di conoscenza della realtà naturale e della sua intrinseca complessità. Elenco i più comuni:
l’esondazione di un fiume:
- è colpa dei tronchi che la piena trasporta ed accumula contro le luci dei ponti;
- è colpa degli ambientalisti che non permettono di tagliare gli alberi lungo gli argini fluviali
- per evitare le alluvioni bisogna scavare l’alveo fluviale rettificandolo ed asportando i sedimenti in eccesso; bisogna costruire argini che costringano l’acqua a rimanere nel suo letto
- bisogna sbarrare i fumi con dighe per accumulare l’acqua perché altrimenti quando arriva al mare è una risorsa dispersa;
- se durante l’esondazione finiscono sott’acqua case e strade è perché qualcuno non ha pulito i fossi.
Alterare il corso del fiume e la sua dinamica produce disastri
A partire dagli anni sessanta, quando il cosiddetto “boom economico” fece impennare la domanda di materiali da costruzione, in mancanza di qualsiasi regolamentazione, iniziò una massiccia predazione di ghiaie e sabbia estratti senza alcun controllo dagli alvei fluviali. In pochi anni i fiumi marchigiani, e in particolare il Potenza, subirono un drastico abbassamento degli alvei per erosione, mettendo in crisi, fino al crollo, numerose infrastrutture, specialmente ponti e briglie fluviali. Eventi che hanno durato nel tempo fino ad oggi (nel 2005 dissesto del ponte sul fiume Potenza a Villa Potenza; nel 2011 crollo del ponte sul fiume Fiastra; 2013 alluvione e dissesto nei pressi del ponte di Sforzacosta ecc.). Le spiagge, private dell’apporto solido da parte dei fiumi iniziarono ad arretrare per erosione e si dovette ricorrere alle scogliere artificiali per difenderle. La falda idrica dei terrazzi alluvionali fu inquinata massicciamente perché messa a giorno dall’escavazione nelle cave d’inerti.
Finalmente, tra la fine degli anni ‘70 e gli anni ‘80, alcune normative regionali (Piano delle attività estrattive; Piano paesistico regionale) misero termine, all’estrazione di inerti negli alvei fluviali e al di sotto del livello della falda idrica. Grazie a ciò i nostri fiumi riuscirono lentamente a recuperare un certo grado di naturalità e di continuità idrogeologica. La legge regionale 12 novembre 2012, n. 31: “Norme in materia di gestione dei corsi d’acqua” sembrava aver definitivamente disciplinato in che modo si possa correttamente intervenire su un corso d’acqua, in rispetto anche delle normative ambientali europee, specialmente con l’attivazione dei “Contratti di Fiume”. Peccato che nella legge il comma 3h dell’ART.3 (che la IV commissione, in sede di discussione, aveva chiesto di eliminare) prevedendo “ la valorizzazione del materiale litoide e della massa legnosa residuale provenienti dalla manutenzione;” abbia introdotto un vulnus notevole, che ha fatto riprendere, legalmente, escavazioni eccessive in alveo, opere idrauliche dubbiamente necessarie, taglio indiscriminato della vegetazione ripariale. Se si permette alle ditte assegnatarie dei lavori di sistemazione idrogeologica dei fiumi di ripagarsi in parte o in toto con la vendita dei materiali litoidi e del legname, il rischio è di riaprire le porte ad una nuova pesante manomissione degli alvei fluviali.
Costruire il rilevato stradale della progettata superstrada depredando il fiume Potenza dei suoi sedimenti, dichiarando che lo si fa per il bene del fiume
E questo è quello che oggi propongono i fautori della nuova superstrada del Potenza che hanno pubblicizzato di voler: ”progettare questa infrastruttura in maniera innovativa, lavorando sulla messa in sicurezza del fiume e sulla possibilità di andare a tirare fuori direttamente dall’alveo quei materiali sedimentari in eccesso (?) che potranno essere riutilizzati per costruire la nuova strada, abbassando così i costi dell’opera e rendendo più sicuro il letto del fiume. Con questo lavoro sinergico, inoltre, si vogliono ridurre al minimo i danni ai proprietari dei terreni confinanti con il fiume, riportando l’asse viario il più possibile vicino al Potenza “(Il Resto del Carlino, 11/3/23).
Risulta incredibile immaginare che, malgrado le disastrose alluvioni che hanno recentemente colpito la nostra regione, i cui danni immensi sono derivati non dall’esondazione in sé, ma dall’aver colpevolmente urbanizzato il letto di piena dei fiumi, qualcuno possa proporre di irrigidire un sistema fluviale con la costruzione di una infrastruttura come la superstrada a ridosso della sponda sinistra del Potenza. Questo spiega perchè si pensi di utilizzare i sedimenti (ghiaie e sabbie) del fiume, perchè questi signori immaginano così di abbassare di qualche metro il letto fluviale pensando di scongiurare le future esondazioni. Il risultato sarà lo stravolgimento non solo dell’idrografia, ma anche dell’idrogeologia, con il depauperamento delle falde di subalveo, l’incremento dell’intrusione salina, l’aggravamento dell’erosione delle spiagge.
Il fiume non è un canale
Il fiume non è un mero canale in cui scorre dell’acqua, ma un sistema dinamico complesso, le cui componenti non sono solo l’acqua che vi fluisce, come semplicisticamente immaginano certi nostri politici e imprenditori, ma l’intero ecosistema, e non solo all’interno dei confini del bacino idrografico del singolo corso d’acqua, ma molto più articolato ed esteso, con connessioni con l’intero geosistema.
Basterebbe solo riflettere un attimo sulle implicazioni climatiche. Le recenti vicissitudini ci hanno messo sotto gli occhi che cosa avviene sia in caso di siccità oppure, all’opposto, quando violenti nubifragi di breve durata impediscono al fiume di drenare importanti masse d’acqua. Tutte e due sono facce della stessa medaglia, in cui l’alterazione climatica di origine antropica si salda ad un uso irresponsabile del territorio, a causa dell’impermeabilizzazione dei suoli, indotta dall’urbanizzazione diffusa, con le città costruite a ridosso degli alvei fluviali, con una economia fortemente dipendente da massicci e incrementali consumi energetici.
Come un fiume reagisce alle manipolazioni del suo alveo
Tornando al Potenza si può comprendere meglio come l’ambiente fluviale sia molto più complesso di come lo si vuole rappresentare, osservando le immagini seguenti riguardanti il tratto del fiume che scorre vicino al Mercato Boario, dove è stata realizzata una bretella stradale e un nuovo ponte. Grazie a Google Earth, e alle sue mappe storiche, si può oggi studiare i cambiamenti avvenuti nel territorio nel corso del tempo. Sovrapponendo le foto aeree del 2022 (in bianco il tracciato attuale del fiume) a quelle del 1994 (in bianco e nero) si nota che il fiume originariamente a corso rettilineo e con le sponde ben alberate, dopo la costruzione del nuovo ponte e della bretella ha assunto un aspetto meandriforme, con due ampie curve ad S. Questo ha provocato una forte erosione laterale sia del terrazzo fluviale sinistro, subito a valle della rotatoria (vedi foto), che della sponda destra.
Con il doppio meandro il fiume ha allungato il suo percorso. Ciò avviene quando il corso d’acqua deve diminuire la sua energia e quindi allungando il percorso tra due punti, diminuisce la pendenza dell’alveo. L’aumento di energia del corso d’acqua dipende da molti fattori: portata, pendenza, carico solido, velocità, tutti tra loro interconnessi. Quelli che più di tutti possono aver attivato il processo erosivo in questione potrebbero essere stati proprio l’asportazione di inerti dall’alveo e la variazione del suo profilo durante i lavori di costruzione del ponte. Se al fiume togliamo il carico solido, in genere si attivano processi di erosione delle sponde che aiutano il corso d’acqua a ripristinare l’equilibrio idrodinamico, aumentando di nuovo il carico solido. Se le sponde vengono erose alla base, gli alberi delle sponde crollano nel fiume e la corrente li trasporta con sé. Quindi avviene l’inverso di quello che normalmente si pensa: non sono gli alberi ad intasare l’alveo, ma sono le alterazioni indotte dall’uomo a favorire l’erosione e quindi la distruzione della vegetazione ripariale di sponda.