Fiumi e siccità
Perchè le soluzioni semplici che sembrano sensate, spesso sono peggio del male che vorrebbero arginare ? L’illusione delle soluzioni tecnologiche
Crediamo che basti costruire invasi per accumulare più acqua
Di fronte all’incombere di una siccità che si prolungherà negli anni a venire, a causa dei cambiamenti climatici in corso, appaiono sensate e molti le invocano con forza, soluzioni a breve termine come le dighe per sbarrare fiumi e accumulare acqua. S’immagina semplicisticamente che immagazzinare acqua, raccogliendola nei periodi piovosi, in un invaso artificiale, per poi poterla usare nei periodi siccitosi, possa utilmente contrastare gli effetti della scarsità di acqua a causa della crescente mancanza di precipitazioni.
I fatti però ci rivelano che se non piove e non nevica i laghi non si riempiono
I dati generali (Ministero delle infrastrutture) ci dicono che in Italia sono operative 532 grandi dighe che invasano mediamente 12 milioni di m3 di acqua.(1) Ad esse bisogna aggiungere circa 8000 invasi minori di capacità ed efficienza molto variabile. I grandi invasi sono stati realizzati prevalentemente per scopi idroelettrici, ovvero per produrre energia. Ora nel 2022, l’ultimo anno fortemente siccitoso, a causa della mancanza di neve, e quindi di acqua negli invasi, la produzione di energia idroelettrica è crollata di circa il 40 % (Il sole 24 ore Economia, 15/3/23). Le precipitazioni sono diminuite del 46% quelle piovose e sulle Alpi quasi del 70% quelle nevose. I dati meteorologici pubblicati dalla Fondazione CIMA (Centro Internazionale in Monitoraggio Ambientale) aggiornati ad Aprile 2023 confermano una carenza complessiva di precipitazioni nevose in Italia del 64% (Aprile, il deficit di neve si stabilizza a -64%)
La neve, sulle Alpi e sugli Appennini, oltre ad alimentare, sciogliendosi, le falde idriche ed i corsi d’acqua, permette all’acqua di accumularsi (sotto forma di ghiaccio e neve) e quindi di arrivare a valle gradualmente, alimentando i fiumi anche in estate, quando le precipitazioni meteoriche sono più scarse e fungono così da fondamentale regolatore di tutto il sistema idrogeologico della nostra penisola. Il Po, ad esempio, deve allo scioglimento dei ghiacciai in alta montagna, che alimentano i suoi affluenti di sinistra idrografica, se le sue portate sono cospicue in tutto l’anno.
Senza una costante alimentazione, specialmente da parte della neve, i grandi invasi perdono rapidamente gran parte del loro accumulo idrico con pesanti ripercussioni sulla produzione idroelettrica, ma anche irrigua e per l’uso idropotabile. Se non piove e non nevica i laghi non si riempiono e la loro supposta utilità per contrastare la crisi idrica è assai dubbia e si riduce a poco.
Lo sbarramento dei corsi d’acqua produce impatti ambientali notevoli e irreversibili su tutto il sistema idrogeologico
Alterazione del carico solido: gli sbarramenti artificiali intercettano il flusso di sedimenti degli alvei fluviali provocando a valle processi di intensa erosione e modificazione dei letti fluviali. Quindi erosione delle spiagge per mancanza di alimentazione detritica. Abbassamento degli alvei e alterazione per mancanza di alimentazione della falda di subalveo (vedi:“Il fiume in pillole 3”). Quest’ultimo fenomeno a sua volta incide negativamente sulla risalita lungo gli alvei del cuneo salino a partire dalla costa, a causa della diminuzione della pressione piezometrica della falda idrica.
Alterazione dell’ecosistema fluviale: tutto ciò produce importanti impatti su tutto l’ecosistema fluviale, sulla fauna ittica, sul clima locale, sulla vegetazione.
Perdita di notevoli volumi d’acqua: per assurdo, il principale problema degli invasi artificiali deriva proprio da una rapida diminuzione nel tempo del volume d’acqua invasabile, a causa del riempimento detritico a monte delle dighe e all’interramento dell’invaso. I laghi, inoltre, espongono all’effetto della radiazione solare una grande superficie d’acqua e notevoli volumi d’acqua vengono persi per evaporazione.
Laminazione delle piene: di per sé un processo utile perché permette di graduare il deflusso idrico nel coro d’acqua durante le precipitazioni intense, attenuando il picco di piena; se però la precipitazione supera la capacità del bacino idrico, questo per motivi di sicurezza e tenuta dello sbarramento, deve far defluire l’acqua e ciò può improvvisamente far aumentare il deflusso momentaneo con esondazione a valle dell’invaso. In generale l’attenuazione dell’esondazione nel corso delle piene fluviali diminuisce la capacità di ricarica della falda sotterranea.
Esistono delle valide alternative agli invasi artificiali per aumentare la disponibilità di acqua in un territorio?
Nature-based solutions (NBS): soluzioni basate sulla natura
Si, se invece di immaginare solo ingegnerizzazioni dei sistemi naturali, pensando che essi possano essere modificati a volontà secondo schemi semplicistici, si assecondassero (conoscendole) le dinamiche complesse che li governano interagendo costruttivamente con essi senza alterarli. La falda idrica dei nostri fiumi, in gran parte contenuta nelle alluvioni ghiaiose e sabbiose delle loro valli alluvionali, rappresenta il più prezioso e vasto contenitore d’acqua, con volumi di molto superiori al fabbisogno umano ( acqua dolce per bere, irrigare e produrre beni industriali). Stupidamente per decenni l’abbiamo inquinata, modificata, impedito il processo d’infiltrazione a causa dell’urbanizzazione selvaggia, distruggendo il tesoro su cui stiamo seduti.
Le NBS, che in alcuni contesti si stanno già avviando per regolare l’idrologia fluviale, permette di usare le acque durante i picchi di precipitazioni per ricaricare la falda a monte del sistema idrografico, utilizzando apposite vasche d’infiltrazione. Quell’acqua, depurata dalla filtrazione nel sedimento alluvionale, protetta nel sottosuolo dall’evaporazione, potrà essere utilizzata successivamente nei periodi di carenza di precipitazioni per usi diversi, attraverso semplici sistemi di emungimento. In questo modo non si altera il sistema idrogeologico naturale, ma lo si potenzia interagendo positivamente con esso.
Ancora, il suolo è la principale interfaccia tra il sottosuolo (e la falda di subalveo) e la vegetazione che vi cresce. L’agroindustria distrugge i suoli tanto quanto l’urbanizzazione e la cementificazione, riducendo significativamente la capacità d’infiltrazione delle precipitazioni e la ricarica delle falde. Praticando un’agricoltura policolturale, integrando seminativi e colture arboree, come in quella tradizionale, ma potenziata dalle conoscenze tecnico scientifiche più avanzate, usando sistemi d’irrigazione a bassa dispersione, si può conservare la qualità delle acque di falda, la loro persistenza nel tempo senza perdere il valore economico dei soprassuoli. Contemporaneamente usando meno concimi, diserbanti e altre sostanze chimiche che hanno avvelenato il nostro ambiente di vita.
(1) per paragone si consideri che le alluvioni del fiume Potenza sono in grado di accumulare, nella falda di subalveo sotterranea, oltre 70 milioni di m3 di acqua (si veda il mio post precedente "Il fiume in pillole 3"