Appennino senza sci
una storia annunciata, ma il vero dramma è la ricarica delle falde.
Oggi su un quotidiano a diffusione nazionale ci si allarma perchè dalla Romagna alle Marche la mancanza assoluta di neve sta mettendo in ginocchio l’industria dello sci e tutto l’indotto turistico ad essa collegata.
Verrebbe da dire ” chi è causa del suo mal…” dal momento che sono almeno un paio di decenni, o forse più, che le associazioni che si battono per la difesa dell’ambiente montano, dati alla mano, indicano come fallimentare, specie per montagne al di sotto dei 3000 metri, ogni attività legata agli impianti sciistici, che sopravvive solo grazie a continue iniezioni di fondi pubblici. Attività diseconomica anche molto prima che il cambiamento climatico diventasse così drammatico ed evidente come in questi ultimi anni. Industria che non ha impedito in alcun modo il collasso economico della montagna e il suo spopolamento.
La vera emergenza è il deficit idrico. Eppure nelle Marche si seguita a gettare al vento risorse economiche importanti per sostenerla, seguitando a distruggere pesantemente l’ecosistema montano, con interventi assurdi e ingiustificabili quali quelli intrapresi ad esempio sul Monte Catria, ma anche sui monti Sibillini, quando invece la vera emergenza climatica ed economica riguarda l’acqua.
I dati climatici della crisi idrica. Per la Regione Marche i dati climatici monitorati dall’ASSAM,Agenzia per i Servizi nel Settore Agroalimentare delle Marche, ci dicono che la siccità di quest’anno non è un’anomalia, ma la normalità di un trend che si aggrava e diventa sempre più costante nel tempo. Inoltre gli effetti della diminuzione delle precipitazioni (neve e pioggia) si cumulano anno dopo anno. Il 2021 si è chiuso con un deficit idrico ( rispettò alle medie di riferimento 1981-2010) di ben – 84 mm, mentre il 2022 di ben -153 mm. Sembrerebbe un valore di poco conto, se non si pensasse che corrisponde a ben 153 litri per metro quadrato di superficie in meno. Provate ad immaginare di mettere 153 bottiglie da un litro per ogni metro quadro della vostra casa e si avrebbe una percezione ben diversa del suo significato. Inoltre alla mancanza di acqua degli anni precedenti si cumula quella di quest’anno e degli anni a venire.
Le falde sotterranee. Sono come il conto in banca, se si va ad intaccare il capitale prima o poi si fallisce. Il prelievo dovrebbe limitarsi agli interessi che per l’acqua nel sottosuolo sono la quantità d’infiltrazione efficace, cioè l’acqua che scende all’interno delle rocce attraverso le fratture o i pori, a seguito delle piogge e dello scioglimento delle nevi. Questa è l’acqua che disseta i milioni di persone che vivono nella regione e permette le attività agricole e industriali. Se però alla diminuzione delle precipitazioni si accompagna un aumento delle temperature, aumentando l’evapotraspirazione, ne rimane poca di acqua che s’infiltra nel sottosuolo, a causa della rapida evaporazione in atmosfera, Se cementifichiamo il suolo l’acqua non s’infiltra. Se le piogge sono di tipo tropicale, scarse, ma tutte concentrate in periodi brevissimi, la maggior parte scorre in superficie e raggiunge rapidamente il mare senza infiltrarsi, come abbiamo visto nelle recenti disastrose alluvioni. Tutto questo rende ancora più drammatica la crisi idrica perché le falde rischiano di esaurirsi.
La vera emergenza economica. La mancanza di acqua è il vero fattore distruttivo della possibilità di vita della popolazione, e principale causa del crollo dell’attività economica, sicuramente nell’agricoltura ma anche nell’industria, tutte attività ad alta intensività idrica.
Qui andrebbero fatti i massicci investimenti volti non al reperimento di nuove risorse idriche sperando di trovare altra acqua più in profondità nei massicci appenninici, ma per orientare verso un uso razionale della risorsa, eliminando gli sprechi e per favorire la riorganizzazione del territorio e delle nostre città contrastando gli effetti perniciosi dell’urbanizzazione selvaggia, a macchia d’olio, speculativa.